1984? Non proprio
- Giuseppe
- 27 ott 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Ultimamente si fa un gran citare, sui social, di uno dei libri più importanti nella letteratura inglese del XX secolo: 1984 di George Orwell. Ora, molto spesso questo avviene a sproposito; cerchiamo dunque di fare un po’ di chiarezza.
“Libertà è la libertà di dire che due più due fa quattro. Garantito ciò, tutto il resto ne consegue naturalmente.” – Cominciamo appunto con il problema della libertà. C’è chi è convinto che il governo, per esempio quando ci ha imposto la quarantena la scorsa primavera o quando ci obbliga a indossare la mascherina, stia in qualche modo mettendo dei limiti alla nostra libertà. La differenza con il romanzo è che Orwell parlava di una libertà che è più propriamente libertà di espressione, di opinione, addirittura di pensiero (uno stato che mi vieta di riconoscere come vera una cosa così ovvia come il fatto che due più due fa quattro mi sta, di fatto, vietando di costruirmi una coscienza critica); nel nostro caso, invece, dobbiamo mettere una mascherina per non ammalarci o non contagiare gli altri – e contagiare chi non vuole ammalarsi per il semplice capriccio di non indossare la mascherina sarebbe una violazione di libertà ben peggiore, a mio avviso.
“Nulla vi apparteneva, se non quei pochi centimetri cubi che avete dentro il cranio.” – Esiste un oggetto, nell’universo di 1984, chiamato “teleschermo”; si tratta in sostanza di un televisore, ma con una particolarità: non può mai essere spento, né il volume può essere ridotto a zero. Il teleschermo è simbolo dell’invadenza, dell’oppressione con cui un governo come quello immaginato da Orwell si forza, letteralmente, dentro le teste dei suoi cittadini. Anche questo in effetti non sta accadendo, e anzi in qualsiasi momento possiamo condividere su Instagram una nostra qualsiasi opinione (spesso di economisti e giuristi non qualificati).
“Il Grande Fratello ti osserva.” – Ci siamo sentiti così tanto osservati, in fondo? Ci siamo sentiti controllati in ogni aspetto della nostra vita pubblica e privata, abbiamo diffidato dei nostri stessi fratelli, amanti e figli nel timore che potessero denunciarci ad una “psicopolizia” che ci avrebbe deportato e torturato? Di sicuro non quest’estate, magari al mare, magari mentre non indossavamo quella famosa mascherina la cui obbligatorietà rappresenterebbe un’offesa tanto grave alla democrazia; eppure, non appena si è ricominciato a parlare di multe, ecco che si sono storti i primi nasi. È in questo passaggio che sta il senso profondo del libro di Orwell, ma forse i polemisti hanno fatto confusione con il reality show.
“Dissimulare i propri sentimenti, controllare i movimenti del volto, fare quello che facevano gli altri era una reazione istintiva.” – A questo porta, nel libro, la paura del Grande Fratello; è questa la vera violazione di libertà. In 1984 non si può fare ciò che si vuole, non si può pensare ciò che si vuole, non si può amare chi si vuole e soprattutto non ci si può neanche immaginare un giorno, nel futuro, in cui sia possibile ricominciare a farlo; immaginare è reato. Il tutto non in vista di un bene comune più grande o al fine di tutelare la salute dei cittadini (salute che tra l’altro è un diritto al pari della libertà), ma molto più semplicemente perché è così che funziona quello strumento perverso che gli storici chiamano dittatura. La situazione che stiamo vivendo, per quanto difficile, mi sembra piuttosto diversa e anzi paragoni del genere non dovrebbero essere avanzati così alla leggera.
Comentarios