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Lacci

  • Francesco
  • 10 nov 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

“Ci vedi come un ostacolo alla tua felicità, ci senti come una trappola che soffoca la tua voglia di godimento, ci consideri come un residuo irrazionale e maligno. Tu ti sei detto fin dall’inizio: mi devo riprendere me stesso, anche se questo li ucciderà.”

Parole di questo genere, dirette, disilluse e a tratti disperate si dispiegano nel romanzo di Domenico Starnone “Lacci”. Ancora più lapidarie e drammatiche quelle incipitarie: “Se tu te ne sei scordato, egregio signore, te lo ricordo io: sono tua moglie”. Sono le parole di Vanda, la cui tragica esperienza di giovane moglie con due figli dà il La ad un breve racconto dal carattere familiare che indaga le sommerse increspature della vita coniugale.

La prima parte del romanzo è affidata interamente a un incalzante susseguirsi di epistole indirizzate dalla moglie al marito scomparso. Ben presto emerge però la vera natura della situazione: il marito, Aldo, non è scomparso nel nulla, bensì fuggito con una donna più giovane e attraente. Proprio questa prima sezione epistolare rappresenta il nucleo più sincero e toccante dell’intero libro: la sofferenza di una donna abbandonata, le incertezze per il sostentamento dei figli e la consapevolezza di non essere abbastanza vengono sbattute in faccia al lettore senza preavviso ed egli si trova immediatamente a fare i conti con le conseguenze più difficili della fine di un matrimonio.

Il romanzo prosegue nelle sezioni successive con una struttura narrativa ben costruita sul piano cronologico. La coppia ci viene presentata nella vecchiaia, nella loro bella casa romana; la narrazione ha così modo di introdurre elementi di riflessione profondi come la convivenza matrimoniale dopo la fine dell’ardore amoroso e la paura verso il mondo nuovo, il mondo digitalizzato che nasconde insidie e inganni per due anziani lasciati soli dai figli.

I figli sono un’altra tematica che l’autore sfiora con la sua brillante lapidarietà. Le conseguenze dell’abbandono paterno che ci vengono mostrate nelle prime pagine non hanno lasciato i due bambini privi di incertezze e insicurezze. Estremamente toccanti i passaggi nei quali si descrivono le visite dei figli al padre, in cui alberga l’apprensione di fare una bella impressione al padre per poterlo così di nuovo accogliere nelle mura domestiche.

In definitiva, il libro di Starnone rappresenta una dimostrazione di come la letteratura contemporanea sia ancora capace di cogliere con la giusta delicatezza le tensioni più intime del nostro animo. In questo caso, il modello narrativo e il punto di vista mobile che oscilla da Vanda a Aldo risultano particolarmente calzanti, conferendo alla narrazione vivacità senza mai annoiare il lettore. Lo stile risulta scorrevole e lineare così come la sintassi: un libro che si lascia leggere in un solo sorso.


Consiglio di Alessio, vino da degustare durante la lettura: Ardito Baracchi 2016, Syrah 50%, Cabernet Sauvignon 50% .

A Cortona, terra con un suolo e un terroir perfetti per il Syrah, nasce un connubio insolito: il Syrah viene infatti "maritato" con il Cabernet Sauvignon, due vitigni molto diversi, che difficilmente convivono bene da soli (nessuno infatti aveva mai provato ad unirli prima senza aggiungere un Merlot o altri vitigni). Due vitigni dalla maturazione diversa, molto precoce uno, tardiva l'altro. Un vino diretto, elegante, profondo, di spessore e di carattere. Presenta sentori di sottobosco, frutta scura e spezie. Un matrimonio ben risucito, un vino da ascoltare e indagare nella sua intrigante personalità.


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