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Norwegian wood

  • Francesco
  • 26 feb 2021
  • Tempo di lettura: 3 min

Non è facile iniziare a scrivere una “recensione” su un libro del genere. Ci sono libri che ti colpiscono per la trama, che ti tengono col fiato sospeso o che ti inebriano con la raffinatezza della loro prosa o che ti folgorano dalla prima all’ultima pagina con una narrazione impeccabile. Il romanzo di Murakami non rientra in nessuna di queste categorie. Se dovessi spiegarvi il motivo che mi ha spinto a “divorarmi” questa piccola perla della letteratura giapponese non avrei dubbi: esiste nelle pagine di Norwegian wood una forza instancabile, percepibile soltanto in maniera sotterranea, che muove i caratteri dei personaggi l’uno nella sfera di sensibilità dell’altro. Sì, senza dubbio il pilastro intorno al quale si articola la narrazione sono i caratteri individuali.

Raramente mi è capitato di affezionarmi ai personaggi di un romanzo: spesso non mi riconoscevo nelle loro azioni, essendo stati magari tracciati in epoche eccessivamente distanti da quella in cui vivo, oppure la loro profondità si esauriva a poche bracciate dalla riva, senza che il lettore potesse scandagliare il fondale della loro anima. Murakami invece riesce a costruire un’impalcatura narrativa capace di far risplendere la profondità delle sue creazioni individuali. Rimarreste delusi se, accostandovi a Norwegian wood, cercaste una trama avvincente o un romanzo amoroso occidentale. L’intento dell’autore è ben diverso.

E così Murakami pone al centro del cosmo, in una prospettiva tolemaica della narrazione, un personaggio neutro come Watanabe Tōru. Egli ci guida in una Tokyo di fine anni ‘60, stringendo amicizie e rapporti sentimentali con il macrocosmo che lo circonda. Tra le sue braccia finiscono Naoko e Midori, due ragazze diverse ma dalla caratterizzazione lentamente studiata e sviluppata dall’autore, due caratteri che il lettore indaga di pari passo con il protagonista, raggiungendo la profondità della loro anima, conoscendone paure, sogni e desideri.

Se i caratteri sono senza dubbio il fulcro del romanzo, altre due componenti saltano subito all’occhio, un topos letterario usato e abusato nel corso dei secoli, ma che Murakami riesce a gestire allontanandosi da una prospettiva occidentalizzante. Eros e Thanatos: due facce della stessa medaglia. Amore e morte, un binomio perfetto abbiamo detto, ma un amore che riesce ad esulare dalle convenzioni proprie della società occidentale. Ed ecco allora che le avventure erotiche di Watanabe sono descritte senza dovizia di particolari, con un erotismo a volte eccitante ma senza la minima ostentazione scandalistica, un amore puro, che trova nel rapporto sessuale una gioia primordiale.

La controparte di Eros ha invece una presenza ben più inquietante nel romanzo. Watanabe ha conosciuto la morte a 17 anni, quando il suo amico più caro, Kizuki, si è tolto la vita senza lasciare neanche un biglietto di addio. Ed ecco che la presenza della morte ricorre in modo quasi circolare, stringendo tra le sue braccia tenebrose personaggi che abbiamo imparato ad amare. Anche in questo caso nessuna ostentazione: la morte arriva e non lascia nulla. Non esiste un climax narrativo che ne annunci la venuta, essa giunge, come fosse la cosa più naturale del mondo e ne puoi soltanto prendere atto.

Riguardo la prosa che l’autore sceglie di utilizzare c’è poco da dire: lineare, senza virtuosismi retorici ma con allusioni letterarie di primo piano, tra cui spiccano Francis Scott Fitzgerald e Thomas Mann.


Un libro che lascia un segno, senz’altro. Capace sia di far ridere che piangere ma che scava dentro ogni lettore, alla ricerca della vera essenza del nostro essere, alla ricerca di noi.




Il consiglio di Alessio, vino da degustare durante la lettura: Montebello 2015, Badia a Coltibuono, Sangiovese, Canaiolo, Mammolo, Ciliegiolo, Colorino, Sanforte, Foglia Tonda, Pugnitello, Malvasia Nera (9 varietà autoctone).

Un vino molto territoriale e tradizionale, con solo varietà autoctone, ben nove, che si integrano fra di loro dando vita a grande vino di complessità e personalità.

Collegandosi al testo è un vino molto profondo e aperto ma allo stesso tempo un po’ cupo, che, grazie alla sua versatilità e alla profondità di profumi, non sempre si riesce a comprendere a fondo. Ricco sia al naso che in bocca, ben bilanciato con una grande prevalenza di frutta matura e fiori appassiti (una sfumatura molto erotica). È un vino passionale, con ben nove protagonisti che si dividono la meravigliosa struttura e armonia di questo vino.

Ha inoltre bellissime note di pepe nero, macchia mediterranea, salvia con una bella nota balsamica.

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