Martin Eden
- Giuseppe
- 1 dic 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Martin Eden è un marinaio; una sera, per caso, salva da una rissa un giovanotto borghese di San Francisco, e per ringraziarlo la famiglia Morse lo invita a cena: qui Martin conosce Ruth, di cui si innamora perdutamente, e da questo momento in avanti ogni suo gesto, ogni sua azione, ogni suo pensiero saranno interamente indirizzati a migliorarsi, a rendersi degno dell’amore di questa ragazza. Attorno a questa premessa ruotano le vicende del romanzo. Martin, rendendosi conto che la differenza sostanziale tra lui e il mondo che vorrebbe abitare per stare vicino a Ruth è la cultura, decide di costruirsi un’istruzione da autodidatta, diremmo, prendendo in prestito libri dalla biblioteca pubblica. Allo studio Martin si dedica con energia, passione, slancio, divora volumi su volumi a qualsiasi ora del giorno, arriva addirittura ad abbandonare il lavoro per non sottrarre tempo alla lettura e a caricare la sveglia in modo da dormire cinque ore soltanto per non sprecare troppo tempo – “«Datemi tempo», disse forte. «Ho solo bisogno di tempo». Tempo! Tempo! Tempo! era il suo lamento incessante”. Tutto questo in vista di uno scopo preciso: una volta che avrà imparato tutto quello che c’è da sapere nei libri, Martin si metterà a scrivere e con la scrittura si guadagnerà di che vivere. Ovviamente all’inizio nessuno crede che Martin – che pure è riuscito a farsi una cultura enciclopedica e completa, per certi aspetti spaventosa – riuscirà ad imporsi sul mercato editoriale, e infatti le riviste e le case editrici rispediscono sistematicamente al mittente quasi ogni racconto o poesia; tuttavia, come per incanto, un saggio viene pubblicato e ha un successo incredibile, tanto da rendere Martin uno degli autori contemporanei più apprezzati d’America. Fin qui si tratta tutto sommato di un regolare romanzo di formazione.
Gli spunti interessanti del romanzo di Jack London, infatti, stanno piuttosto in certe immagini e in certe riflessioni dello stesso Martin Eden. All’inizio del romanzo Martin è un personaggio solare, allegro, che mette grinta e impegno in qualsiasi cosa faccia; per contrasto Ruth ci suscita dal principio antipatia, tutta presa com’è a voler plasmare il suo marinaio a immagine e somiglianza del padre o di un qualsiasi borghese convenzionale. Ma dopo l’acquisizione della tanto osannata cultura Martin cambia, si spegne: non che sia stata la cultura a spegnerlo, sia chiaro, ma assieme alla cultura Martin sembra aver assorbito dai libri anche una certa aria di superiorità, di snobismo, insomma quegli stessi caratteri che sono radicati in quei borghesi che tanto disprezza, i quali a loro volta gli paiono insulsi, insignificanti nelle loro assurde pretese di aver compreso il mondo. “Ciò che ignorava era il fatto d'essere dotato d'una potenza cerebrale straordinaria, e che le persone di vero valore non s'incontrano nei salotti del genere di quelli dei Morse; e non immaginava neppure che le persone d'eccezionale valore sono simili alle grandi aquile solitarie che volano molto in alto nell'azzurro, al di sopra della terra e della sua superficiale meschinità” – insomma non gli sta più bene nessuno. “I libri negli scaffali del padre, i quadri alle pareti, la musica sul piano, era tutta una parata vistosa e basta. Alla vera letteratura, alla vera pittura, alla vera musica, i Morse erano insensibili. E poi c'era, più grande di tutte le altre cose, la vita, di cui avevano un'ignoranza impenetrabile, irrimediabile.” Così Martin, che – lui sì – aveva tanta esperienza delle cose del mondo ma poca cultura, finisce per assomigliare a Ruth e per rendersi anche lui un po’ sgradevole; eppure nella sostanza ha ragione. A cambiarlo è stato proprio il successo, ma non nel senso che gli ha dato alla testa. Una volta diventato famoso per il suo primo saggio, Martin diventa talmente popolare che le agenzie stampa e le redazioni fanno letteralmente a cazzotti per accaparrarsi un suo racconto o un qualsiasi suo scritto; quegli stessi racconti e scritti che per quasi due anni lui ha spedito proprio a quelle stesse redazioni, che, neanche a dirlo, avevano rifiutato sempre tutto: cos’è cambiato nel frattempo, si chiede Martin? Che adesso lui è Martin-Eden-scrittore-affermato, e non più Martin-marinaio che vuole diventare scrittore ma muore di fame, e un libro firmato dal primo vende mentre per un libro firmato dal secondo nessuno sgancerebbe mai neanche un centesimo. Ma il vecchio Martin-marinaio ormai è morto, non resta traccia della sua contagiosa voglia di vivere né della sua spontaneità; una domanda gli assilla quindi la testa: ne è valsa la pena? Mi sembra che, nella società capitalistica ed esasperata in cui viviamo, dove tutto si meccanicizza e perde di personalità in favore della massa, questa stessa domanda che Martin Eden si poneva in un tempo e in un luogo diversi possa rappresentare ancora uno spunto di riflessione interessante.
Il consiglio di Alessio, vino da degustare durante la lettura: Bolgheri DOC Michele Satta 2017.
Siamo a Bolgheri più precisamente ai piedi di Castagneto Carducci, una terra magica che storicamente non è mai stata troppo vocata alla viticoltura ma che in questi anni sta avendo un successo pazzesco e sta diventando a tutti gli effetti un punto saldo dell’enologia toscana. Troviamo i grandi vitigni internazionali, innovazione ma anche tanta tradizione e territorialità. Si perché Michele Satta è stato uno dei primi vignaioli a puntare forte su questa terra e su questa zona, è uno dei padri fondatori di questa denominazione. Il protagonista del romanzo è un marinaio e qui siamo molto vicini al mare che dà al terreno caratteristiche uniche. Un altro legame è senz'altro la scalata sociale dato che qui abbiamo un vino che negli anni passati non era considerato alla stregua dei migliori mentre adesso si è affermato come un grande protagonista dell enologia italiana e soprattutto internazionale, che in un territorio unico ha sposato meravigliosamente vitigni famosi in tutto il mondo come il MERLOT, PETIT VERDOT, i SYRAH e i CABERNET.
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